sabato 22 febbraio 2014

juliet when we made love you used to cry

certe cose non cambiano mai, come ad esempio la mia tendenza alla procrastinazione estrema o questa strana propensione ad ammalarmi il sabato sera, quando oltretutto sono in piena sindrome premestruale. altre cose, invece, cambiano di brutto. come i continenti, i paesi, e le case in cui vivo. le persone che frequento e quelle che ogni tanto mi capita di baciare con la lingua. non cambia la mia incuranza davanti ai semafori rossi quando sono in bicicletta, e con lei la mia natura malinconica, intensa, nostalgica e casinista. dovreste vedere lo stato in cui versa questa casa, per capire cosa intendo con casinista.

cambiano i film di wes anderson e i contesti in cui li vedo. al cinema nova ubriaca con un tizio che ancora non ho capito cosa voleva da me, a casa di qualcuno sul divano come momento di transizione verso qualcosa che non ho ancora capito cos'era, al cinema dove faccio volontariato vestita di nero come un'adolescente depressa. ma depressa non lo sono piu', anche se la visione di adrien brody vestito di nero anche lui, cosi' incredibilmente uguale al mio amante irlandese numero uno mi ha portato ad una prolungata analisi di certe nostre foto fatte su photo boot, in cui mangiamo fragole ricoperte di cioccolato e ci baciamo come due scemi, due scemi molto fotogenici. io ero cosi' giovane, un fiore di vent'anni e tu non l'hai capito, mentre lui era già un uomo, un uomo adulto con la faccia da adrien brody.

a quanto pare lasciare andare le cose non è esattamente il mio forte. le mie migliori amiche del toro, della bilancia, dell'acquario e del leone, quelle della vergine e quelle del cancro, sono ancora tutte qua. i miei amanti italiani e spagnoli, quelli americani e quelli irlandesi e anche quelli australiani, sono ancora tutti qui. piu' o meno lontani, piu' o meno dolorosi, piu' o meno finiti. cioè, sono tutti finiti, solo che non finiscono mai.

non sono piu' depressa, ma sono ancora triste e confusa, e ancora vorrei cose che non riesco ad ottenere, e ancora non credo che riuscirò mai ad averle, queste cose. non riuscirò mai ad esserle, o a farle. non sono piu' depressa, ma lo so che un giorno lo sarò di nuovo. potrebbe essere domani o il mese prossimo o tra un anno, ma credo che piu' presto che tardi sarò di nuovo paralizzata dalla paura. e poi, spero, lo sarò un pò meno.

guardo al mio futuro, come suggeriva rob breszny, e non ci vedo niente di certo, niente di sicuro. posso solo sperare di essere abbastanza forte, di non lasciarmi mai andare, e di continuare a provarci, anche se è un casino. questo è tutto ciò che mi auguro, al momento.

questo, e che mi passi l'influenza premestruale.

e che i libri di social theory sull'amore che sto per comprare online mi arrivino presto a casa, insieme a quella cosa che vibra a forma di onda che ho anche comprato, complice la sindrome. 

giovedì 20 febbraio 2014

se mi scrivi.

eccomi dunque, che canto se un numero è solo un'astrazione matematica, dimmi ti capita mai, di dare un'importanza esagerata ad una sola serata, o a di che segno sei in bicicletta, soprattutto in discesa sulla collina. eccomi, che vado alle feste dei nati nel 94 e consolo diciottenni depressi mentre qualcuno limona sullo stesso letto dove siamo stesi in cinque, con musica tibetana in sottofondo. eccomi, che vado a cinque conferenze nello stesso giorno, e parlo con gente in giacca e cravatta di cose serie, dall'alto delle mie calze di lana verde prato e il mio vestito di jeans chiaro spiegazzato, con i capelli sporchi e la faccia di una che ha dormito quattro ore. perchè ho dormito quattro ore.

eccomi dunque, che ti vorrei scrivere, e che probabilmente a un certo punto ti scriverò davvero, una lettera magari, visto che tutti gli altri media hanno fallito. anche se in realtà non hanno fallito loro, abbiamo fallito noi, a fare le cose alla cazzo di cane, come un chirurgo cieco quando che opera i pazienti. però non ti detesto sai, e se mi scrivessi tu ne sarei contenta. io volevo ancora dartelo, un abbraccio dei nostri. però la luna piena mi ha messo su un'ansia di metterci una pietra sopra, di dedicarmi all'amore universale invece che alle ossessioni eteronormative. e poi quando un'ennesima serata platonica a base di boris e ben and jerry's ti fa venire voglia di farla finita, forse è il caso di darci un taglio. non con te come persona, ma con l'ossessione eteronormativa, ecco.

eccomi dunque, in bicicletta lungo in canale, da sola nella necropoli, al ristorante vegano super hipster dove ormai sono amica di mezza cucina, in bicicletta lungo il fiume, eccomi, a cantare a squarciagola hey been trying to meet you hey must be the devil between us or whores in head in faccia al tramonto. eccomi con un sacco di luna in scorpione addosso, ma piu' come beyoncè e meno come ian curtis. piu' come bjork, e meno come morrissey. anzi, come morrissey su un dancefloor indie qualsiasi.

ti voglio bene, non l'hai mica capito, ti voglio bene, lascia stare il vestito. non te l'ho mai detto, ma alla fine va bene cosi', se c'era dell'affetto tra di noi, e non solo la tristezza eteronormativa, alla fine qualcosa di buono ne verrà fuori.

ah, l'amore universale del sole in pesci. 

mercoledì 12 febbraio 2014

two good things

rebecca si veste come me e come me cavalca una bici da corsa piu' vecchia di lei, ma è piu' intelligente di me, in senso sociologico. un giorno farà molto bene all'umanità e io sono contenta di essere sua amica, anche quando nevica e mi trascina al cinema a vedere film hollywoodiani tristi. è bella in quel modo politico che piace a me, i brufoli le donano un'aria piu' intellettuale e io le voglio bene.

mira non ha mai fatto sesso, solo baci, però c'è uno con cui forse ora si sta vedendo quindi mi chiede consigli, perchè ho cinque anni piu' di lei ed esperienza da vendere, al mercato del disagio. ha dei leggings dorati e i capelli scoloroti e rasati ai lati, come i miei. è bella in modo drammatico, con le labbra dipinte di colori accesi e l'inconsapevolezza della propria bellezza che solo una verginità "tardiva" ti sa regalare. i brufoli donano anche a lei, e io le voglio bene.

djina mi ha conosciuto a casa mia, ha conosciuto il mio cane e i miei genitori. ora abita qui, almeno fino ad aprile, e io le ho trovato un lavoro e l'ho spinta tra le braccia di uno scozzese coi capelli rossi. è bella in quel modo da figlia di emigranti che piace a me. quando la chiamo al telefono mi ringrazia e si prende cura di me. non ha mai i brufoli però a volte ha i capelli sporchi, e io le voglio bene.

rasmus ha pochi capelli ed è un altro studente di sociologia. anche lui lavora con me, e gli voglio bene come si vuole bene ad un orsetto marxista. non è bello, ma è buono il che lo rende molto bello. e poi ci si può parlare di politica.

questi sono i miei amici tedeschi, anche djina che è nata in bosnia. anche se so che i nostri giorni insieme sono contati, il mio talento per trovare gente bella con cui fare amicizia è un talento non da poco. un talento doloroso, che a volte mi fa pensare che non c'è posto, per altra gente bella, nel mio povero, povero cuore. un talento che mi chiama su skype quando dovrei studiare, un talento che potrebbe essere un lavoro a tempo pieno, se qualcuno ti pagasse come talent scout di persone belle.

questo post inizialmente era molto triste, poi ho cazzeggiato sul divano per un paio d'ore ed è diventato un post agrodolce. il mercoledi' è un giorno strano, per me.

domenica 9 febbraio 2014

mercurio retrogrado means nostalgia

esco di casa che sono le dieci, prendo la bici e scendo le scale. ho le gambe piene di lividi, a forza di portare la bici giu' dalle scale. o forse è carenza di vitamina c, visto che mi sanguinano le gengive come mai prima nella vita. esco di casa, piove la solita pioggia gelida che mi appanna gli occhiali. i freni della mia bici, che è piu' vecchia di me, scivolano sull'asfalto bagnato e io rischio la vita ad ogni incrocio. vado a prendere un pacco alle poste, è una raccolta di fumetti australiani, mi fermo al farmers market a comprare frutti di bosco dal mio venditore di fiducia, e quando sono sul ponte, davanti al giardino botanico, penso che non ce la posso fare.

e invece ce la faccio, ti vedo, mi fermo dall'altra parte della strada, lego la bici a un palo e attraverso sulle strisce senza mai alzare lo sguardo da terra. continuo a pensare che non ce la posso fare, e invece ce la sto facendo.

dopo torno a casa in bici, su per le scale. metto i frutti di bosco in frigo ed esco di nuovo, continua a piovere la solita pioggia gelida, e io continuo a pedalare. arrivo al cinema, ci rimango per cinque ore, esco dal cinema, torno a casa in bici. continua a piovere.

alle undici esco di nuovo, non piove piu'. incontro un'amica che se ne sta andando e decidiamo di fare la coda insieme. ballo la musica balcanica con molta poco convinzione. intorno a me persone che conosco, compagni di università, persone con cui a volte pranzo o vado al cinema. i miei amici. quando me ne vado un tizio mi ferma, si ricorda il mio nome, e io il suo. mi chiede se sono appena arrivata, ma io me ne sto andando. salgo sulla bici e inizio a cantare. i know that it is freezing but i think we have to walk.


in australia la pioggia gelida non c'era spesso, anche se a volte c'era una pioggia torrenziale che qui non c'è quasi mai. mi ricordo una serata fallimentare in cui c'era acqua dappertutto, era il tuo compleanno, ed è successo un casino. ma non ci penso spesso. penso ad andare a fare la spesa in skateboard, penso a quella volta che ci siamo distesi sull'erba al parco a guardare il tramonto, ignorando gli sportivi accanto a noi. penso ai viali alberati sulla via dell'università, cosi' belli che andarci in bici era un pò come farci all'ammore. penso a quando ci facevamo tagliare i capelli sulla riva dei torrenti, in giardino, all'università.

l'altra notte sono stata malissimo, anche quella notte stavo malissimo, anche se lauren mi aveva portato il gelato davanti alle mucche della fattoria borghese e alla festa di nick la gente suonava il banjo ed eravamo tutti sullo stesso divano. qui porto fuori il cane con djina, vado nei negozi vintage con esmeralda. non è la stessa cosa, ma non è mai la stessa cosa.

non saprò mai se quello era effettivamente un mondo dorato, se questo è effettivamente un mondo grigio. se è una questione metereologica, o una questione di qualità. se quelli erano i miei amici del cuore, e queste sono solo persone che conosco, che ballano la musica balcanica accanto a me.

intanto cerco una risposta tra le righe di una canzone degli shins.



giovedì 6 febbraio 2014

how do i tell a girl i want to kiss her?

quando avevo 17 anni ho fatto un anno di scambio in america con intercultura, perchè non me ne faccio mancare una, di esperienza borghese potenzialmente fallimentare. ero molto depressa, in una scuola ebraica di houston, texas. non avevo amici, ma avevo un blog che si chiamava walkertexasjoni. ci scrivevo ogni giorno, era la mia unica valvola di sfogo. non avevamo un rapporto molto sano, io e quel blog. le mie amiche non mi hanno parlato per anni, a causa di quel blog. mio zio ebreo ortodosso sa cose che non avrebbe mai dovuto sapere, su di me, a causa di quel blog. non sono ancora sicura di chi lo leggesse, quel blog, ma credo piu' gente del previsto.

durante quell'anno, ho conosciuto gente, su internet. quella stessa gente nel frattempo è cresciuta, invecchiata, ha fatto cose, visto gente, formato band con nomi di animale. con alcuni ho scambiato liquidi corporei, altri mi vengono ancora a trovare, ogni tanto. alcuni di loro si sono persino fidanzati, tra di loro. alcuni scrivono e disegnano in giro. a quante pare si conoscono tutti, tra di loro. e io, che non vivo in italia dal 2009, osservo da fuori ma anche un pò da dentro. quando si cambia paese con la mia stessa frequenza (e lo stesso disagio), un senso di comunità è importante, e a me tutte queste convergenze fanno piacere, mi fanno sentire parte di qualcosa, anche se me ne sono andata.
mi fanno anche paura. mi fa paura espormi, pubblicare cose con il mio nome, vedere cosa viene fuori su google quando si cerca, quel nome. sono pur sempre una di quelle furbe il cui nickname di internet svela anche il codice fiscale. sono pur sempre un simpatico misto di esuberanza spavalda e timidezza paralizzante. c'è un motivo per cui mi sposto con questa frequenza, e questo disagio: la mia intensità di fondo è difficile da gestire, e a volte sento bisogno di lasciarmi alle spalle la città a cui ho appena dato fuoco. la mia intensità riempe moleskine, blog, social media vari, ma soprattutto la mia testa.

questo blog esiste da cinque anni, ci sono dentro alti e bassi. piu' bassi che alti. c'è un anno che ha solo sei post. ne ho scritti di piu' nell'ultimo mese. questo blog è anonimo, ma per motivi di cui sono largamente responsabile, questo blog è riuscito finalmente ad arrivare alla mia vita reale. prima o poi doveva succedere. questo blog si chiama tardoadolescenza, e io quest'anno compio venticinque anni. forse dovrei crescere. smetterla di scrivere cose potenzialmente problematiche su un blog, che è il 2014, non il 2006. smetterla di avere una crisi esistenziale ogni dieci giorni. smetterla di esagerare sempre, con tutto.

ho esagerato con l'astrologia. ho esagerato, in ordine cronologico, con msn, il forum degli arctic monkeys, myspace, facebook, i mommyblog, twitter, instagram, okcupid. ho fatto una serie di cazzate pazzesche, in nome del mio tema natale infelice. in nome dell'autodistruzione che stava scritta su un foglio battuto a macchina quando avevo un misero anno di età. la stessa autodistruzione che si è portata  via la mia terza adulta di riferimento, meno di un anno fa. ho sprecato un quarto della mia vita, curva su macbook nero a guardare le vite degli altri.

e ora ho combinato un casino, il primo dell'anno 2014. ma credo che i casini ogni tanto siano necessari. non si possono evitare per sempre. indicano che sono viva. che sono umana. le mie amiche alla fine sono tornate a parlarmi. mio zio ebreo ortodosso non mi ha mai data particolarmente fastidio. forse anche questa volta verrà assodato che non sono davvero una persona orribile, anche se a volte faccio cazzate.

non sono le cazzate che ogni tanto faccio, il vero problema. non è il mio rapporto adolescenziale con l'internet, con la vita, con tutto, il vero problema. il vero problema è questa palla di dolore nero che abita un angolo remoto del mio sistema digerente e che spero si sciolga presto, lasciando dietro di se solo una vaga sensazione di vuoto. eccolo, il vero problema.

speriamo che passi.
nel frattempo, enjoy the (shit) show.








sabato 1 febbraio 2014

the will to change

poi arrivano le due di notte del due febbraio, e ventinove anni fa la laguna era ghiacciata e nasceva tuo fratello. senza di lui i tuoi genitori non si sarebbero mai messi insieme, e quindi nemmeno tu saresti qui, seduta davanti a un mac nero al tavolo della cucina di una casa scozzese che si affaccia su un canale, come la casa dei tuoi genitori. a volte pensi che sarebbe stato meglio non essere qui, ma poi ti ricordi che ormai è fatta, ormai esisti, e adesso sono cazzi tuoi, adesso ti tocca farne qualcosa, di quest'esistenza. 

la luna nuova in acquario, il segno di tuo fratello e della tua migliore amica delle elementari e delle fumettiste che ami e del tuo coinqulino col cuore infranto, ti ha colpito ed affondato. anzi, ti ha riportato a galla. ti ha fatto invitare gente a cena, ti ha fatto andare al concerto di una tipa che ti piace, ti ha fatto pedalare sotto la pioggia, ti ha fatto parlare con la madre di tre figli, ti ha fatto sentire un pò viva, ti ha fatto un pò paura.

ti ha fatto tornare quella sensazione famigliare che chiamaremo THE CRUSHES, quella voglia di limonare anche i prati, in senso puramente metaforico ma nemmeno tanto. quando se ne vanno pensi sempre che non torneranno mai piu', anche se a volte un limone te lo procurano davvero. poi ti ritrovi in una stanza buia a pensare "omg they are so cute" e a commuoverti per il modo in cui un tizio parla delle carote arcobaleno (true story). 

ti sei infilata nel letto della tua unica amica scozzese, che essendo fricchettona non ti ha rimproverato perchè i tuoi vestiti non erano puliti. come te anche lei ama l'odore delle persone, quello vero, non quello che ti vendono in bottiglia. avete letto bell hooks ad alta voce, un paragrafo a testa, pensando agli uomini che avete amato e ancora amate, quelli che non siete riuscite ad amare, a curare, a salvare. quelli con cui non riuscite a comunicare. avete parlato dei vostri padri, dei figli che forse non metterete mai al mondo.

ho pensato a mio fratello, al fatto che gli voglio bene, e che mi sento responsabile della sua educazione sentimentale, al fatto che mi dispiace da morire per la sua infanzia, per quello che gli ha fatto mio padre, per quello a fatto a tutti loro il patriarcato. ho pensato ai figli maschi che ho sempre sognato di avere, alle figlie femmine, alla madre del cancro che ho sempre voluto essere, che forse non sarò mai, che forse sarò non per creature uscite dal mio grembo ma per chissà chi altro ancora. 

ho pensato che devo regalare libri di bell hooks a tutti quelli che conosco. a partire da mio fratello.