venerdì 14 settembre 2012

actually, no, I won't be your mirror

oggi è uno di quei fantastici giorni che non dovrebbero proprio essere registrati negli annali di una vita: mi sono svegliata con l'influenza dopo aver passato una settimana a sentirmi poco bene, sensazione spiacevolmente acuita da un certo tizio trentenne barbamunito che a quanto pare non è rimasto molto impressionato dal mio talento per lo spooning.

e sticazzi? sticazzi.

giorni come questo sono divertenti solo quando hai otto anni e qualcuno che si prende cura di te mentre tu, sotto le coperte e felice di non dovere andare a scuola, ti lamenti sommessamente del tuo malessere diffuso. quando hai ventitre anni, vivi a un giorno di aereo dai tuoi genitori e non hai voglia di chiamare i pochi amici che non hai per cosa poi? farti portare della minestrina? la tachipirina?

presto questa giornata sarà un ricordo del passato e quel tizio con la barba finirà in quel cassetto del mio cuore dove vivono tutti i tizi con o senza barba che non sono rimasti impressionati dai miei vari talenti. peggio per loro, giusto? GIUSTO?

e sticazzi? sticazzi proprio. 

sabato 8 settembre 2012

it's time that the told were told

il fatto è che tutti questi sentimenti che sto provando in questo momento sono dovuti a un mix letale che include, in ordine sparso: il soy latte che ho ingerito un'ora fa, i miei coinquilini con le maglie a quadri che suonano townes van zandt in salotto, l'essay che devo scrivere per domani e non ho ancora iniziato, il tizio trentenne con la barba con il quale ho passato la notte venerdi' e la sua incapacità di mettersi in contatto con me, la cioccolata fondente al caffè.

in pratica ho questo amore per tutte queste persone, e questa tendenza a psicosomatizzare, e questo bisogno di conferme, e queste paranoie e sbalzi d'umore. c'è poco da fare, sono proprio una donna del cancro. sogno di essere incinta e di partorire in acqua e di avere tanti bambini dai nomi particolari e una casa un pò hippie un pò scandinava e un cane e un gatto e una bicicletta col cestino. e magari, perchè no, un compagno trentenne con la barba che sia disposto a indossare i nostri bambini e che non abbia niente in contrario ai pannolini lavabili e ai nomi di origine ebraica. perchè i miei bambini si chiameranno amos, miriam, ilan che vuol dire albero, ruben, elia o magari lia che è il nome di mia mamma e credo sarebbe carino chiamare mia figlia col nome di mia mamma. non che abbia intenzione di portarli in sinagoga ogni sabato mattina, semplicemente questi nomi mi ricordano la mia infanza e hanno un bel suono musicale e leggero.

probabilmente finirò a vivere da sola in un appartamento luminoso pieno di libri e gatti dai nomi molto particolari. probabilmente di origine ebraica. magari non gli stessi nomi che volevo dare ai bambini che non ho mai partorito, che non mi sembra il caso.

o magari il destino mi concerà almeno un bambino, che dovrò chiamare amos elia ilan, o miriam isobel lia per non sprecare nemmeno un nome e il suo papà avra si la barba e qualche tatuaggio ma la nostra relazione finirà in tragedia per via della mia inettitudine alle relazioni e il piccolo momo o la piccola mims cresceranno con una mamma single nevrotica ma tutto sommato simpatica e un papà graphic designer un pò distratto ma tutto sommato presente.

forse dovrei iniziare questo benedetto essay.