sabato 13 aprile 2013

kiwi come l'uccello della nuova zelanda

la situazione è sempre la stessa, mezzanotte e zerosette di un sabato sera passato ad agonizzare su libri ed articoli di jstor sul masochismo o l'uncanny o chi cazzo lo sa a questo punto che cosa scriverò sull'essay domani, o sugli altri due essay che verranno subito dopo, e che mi vedranno cadere in stati di compulsivo abbruttimento totale.

io sono anche sempre la stessa, in un momento di premestruale sovrappeso, anche se il mio recente femminismo militante mi impedisce di usare la parola sovrappeso senza provare un odio profondo per il patriarcato, olte che per me stessa, la mia acne persistente e il mio stupido taglio di capelli da anarchica-che-salta-sui-treni, quale non sono ne sarò mai in quanto ebrea benestante poco incline alla sporcizia.

però mi è venuta in mente questa immagine bellissima del mio cane di nome kiwi che durante il suo ultimo inverno sguazzava nell'acqua alta come se non ci fosse attività piu' soddisfacente al mondo che sguazzare nell'acqua alta. e se l'immagine di un cane nero senza coda di diciassette anni che salta nell'acqua come una nutria fatta di speed non vi riscalda il cuore, mi sa che c'è niente da fare per voi e la vostra anima.

io in fondo lo sapevo che cinque anni piu' tardi mi sarei seduta ad un tavolo di una cucina di melbourne, bisognosa di un immagine di felicità incondizionata e selvaggia e pura alla quale aggrapparmi per non soccombere a questa sensazione di esasperata noia e fastidio nei confonti dell'umanità in genere e della mia vita nello specifico.

oh, kiwi, come mi manchi tu e il tuo modo di essere il cane migliore di sempre.

che di questi tempi, i cani di nome papaya hanno paura dell'acqua e si rifiutano di uscire senza il loro cappottino impermeabile.