lunedì 25 aprile 2011

your past life as a blast

la prima volta che lo notai non avevo ancora vent'anni ed era estate. portavo sulle spalle uno zaino troppo grande e camminavo nel cuore della notte per le vie della minuscola capitale di un paese nordico famoso per i gayser, le cascate e i sigur ros. mi ero completamente scordata del sole a mezzanotte e quella luce cosi' particolare stava inebriando di felicità. quella mattina, prima di iniziare il lungo viaggio che mi avrebbe portato li, avevo dato un esame, l'ultimo esame italiano della mia vita, forse. avevo discusso per un'oretta di berlusconesimo and co con una professoressa precaria di filosofia della politica, che mi aveva lanciato un ventinove mentre io già correvo verso l'islanda (cioè, verso la macchina di mio padre).

ma ora c'era solo lui, e mentre sostavo molto poco graziosamente davanti alla chiesa bianca lo inalai con tutta la forza che mi era rimasta in corpo e pensai "dodici ore di volo per sentire questo odore, potrei tornare a casa adesso e ne sarebbe valsa la pena". in italia non l'ho mai trovato, quell'odore di bucato fresco e pini e oceano e vaniglia e erba e unicorni, ma qui in scozia a volte lo sento, e quei momenti sono i miei preferiti.

tre anni fa oggi era un giorno di sole e io ero ancora al liceo. dopo aver pranzato cammininai lungo la riva verso un ex magazzino del sale per ascoltare un ex partigiano parlare. faceva un pò freddo in quel magazzino ma mio fratello, che per pura coincidenza aveva deciso di passare il suo sabato pomeriggio nel mio stesso modo, mi prestò la sua felpa, o forse era qualcun altro. poi presi un gelato, forse banana e yogurt alla fragola, e raggiunsi la mia migliore amica delle medie che stava prendendo il sole in riva, in reggiseno perchè lei c'ha il fisico. seduto accanto a noi c'era questo avanzo di galera con una tizia a gambe aperte tatuata sul petto: mai in vita mia la visione di un ombelico mi ha tanto turbata.

la sera prima ero andata a un concerto al centro sociale grande, quello al di là del ponte, e il mio primo ragazzo aveva suonato con la sua amata band che era in procinto di sciogliersi per divergenze artistiche. indossava una maglietta bianca e la felpa rossa di american apparel che gli avevo regalato io, e mentre suonava il suo violino con la faccia triste e sudata io ero da sola, in un angolo vicino alla porta, che cercavo di concentrarmi sul fatto che stavo, finalmente, con uno in una band, anche se si, suonava uno strumento e un genere poco cool e questo era il suo ultimo concerto. la stanza era stracolma di gente e nell'aria c'era una strana energia malinconica. piu' tardi siamo tornati a casa nel retro di un furgone e abbiamo fatto all'ammore per la prima volta (piu' o meno, si sa come vanno queste cose).

adesso non credo di stargli tanto simpatica, a quello scorpione ascendente acquario con la barba e gli occhiali, o forse non gli sono mai stata simpatica in generale, anche se per dieci minuti nel 2009 un pò di bene me ne ha voluto di sicuro.
qualcosa mi dice che quella felpa rossa se la mette ancora, lo stronzo.

g.

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